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sabato 21 agosto 2010

Dello scrivere / Un work in progress - Nuovo aggiornamento: Scrivere come scuola di (auto) discipina.


Scrivere è un piacere, ma è anche una grande scuola di disciplina. Una scuola di auto-disciplina. Scrivere ti abitua a non essere pigro. A trasformare riflessioni talvolta caotiche in un discorso coerente e che possa essere condivisibile.

Scrivere è dunque fatica. Scrivere è spesso frustrante. Tante volte hai in mente parole, frasi, concetti, immagini. Hai “tutto qui”. Ma quando poi metti nero su bianco il risultato ti appare deludente. E allora bisogna rifare, rifare e rifare.

Con umiltà e fatica. Talvolta capita (a volte mi capita) che la scrittura di getto funzioni, ma molte volte non è così. E quindi bisogna lavorare e sudare.

Chi, come me, scrive per mestiere credo sappia bene che cosa voglio dire.

E nella professione giornalistica, a rendere il tutto più complicato, c’è anche la variabile-tempo: sempre scarsa, sempre angosciante. E c'è la consapevolezza che - ti piaccia o no, ne abbia voglia o no - devi comunque realizzare la tua performance.

Insomma, io non credo al modello genio&sregolatezza per la scrittura. E lo scrivere essenziale, che per me rappresenta il modello perfetto, è un traguardo che si raggiunge con difficoltà e con esercizio.

Scrivere è un modo di presentare noi stessi al mondo. Per questo motivo mi sforzo sempre di non essere sciatto nella scrittura. E lo faccio in ogni occasione: se scrivo a un amico, se chatto, se scrivo una nota su Fb. Perfino quando mando un sms. Lo faccio perché mi sembra una forma di rispetto nei confronti di coloro ai quali mi rivolgo e anche perché è una forma di rispetto verso di me.

Ripeto: scrivere è una scuola di disciplina. E forse i maggiori maestri di questa scuola sono alcuni scrittori di grande presa sul pubblico. Ma di questo parleremo più avanti. (continua)

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