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domenica 14 agosto 2011

SCIOPERO DAL FERRAGOSTO

Da sempre ho passato il Ferragosto via dalla pazza folla. Da quando ero ragazzo. Lo faccio anche quest'anno. Mi sento vigilante e inquieto. Non bisogna lasciarsi narcotizzare dai miti dell'estate. ORA NON E' IL MOMENTO.
SAREBBE UNA BELLA IDEA PROCLAMARE LO SCIOPERO DI FERRAGOSTO. NIENTE FALSA ALLEGRIA, MA SEGNALI DI DISSENSO. FORTI. SULLE SPIAGGE, OVUNQUE. DISERTARE I LOCALI E RITROVARSI IN ALTRI LUOGHI DI AGGREGAZIONE. POTREBBE ESSERE UN'IDEA.
CON L'ALIBI DELLA CRISI IN ITALIA STANNO TENTANDO IL COLPO DI STATO. MENTRE IL PAESE -  ANCHE SE ALLA FRUTTA, ANCHE SE STREMATO - SI RIFUGIA NEL DIMENTICATOIO AGOSTANO, ALTRI GIOCANO UNA LURIDA PARTITA SULLA NOSTRA PELLE E SU QUELLA DEI NOSTRI FIGLI.
leggete qui che cosa scrive il blog INFORMARE PER RESISTERE
Ha ragione Giulietto Chiesa. Questa è una guerra dichiarata dal potere finanziario al mondo intero, voluta da chi vorrebbe far pagare le crisi che si susseguono a ripetizione negli ultimi anni ad interi popoli che non ne sono responsabili. E’ una guerra iniziata non meno di dieci anni fa, visto che il grande pretesto, la nuova Pearl Harbor dell’11 settembre servì per mettere una bella pezza al possibile botto finanziario americano previsto già nel 2001. Seguirono le varie bolle speculative, i noti fatti di Lehman-Brothers e Obama che correva in soccorso ai banchieri a spese del contribuente americano.
Mi sorge una domanda a questo punto: e se queste stramaledette banche d’affari le avessimo lasciate fallire come meritavano sarebbe stato un male o un bene? In fondo, salvandole, abbiamo stabilito uno sciagurato precedente, e cioè che le manovre speculatorie e terroristiche dolose – perché ci credo poco che siano errori di valutazione, quella è gente che non sbaglia – delle banche d’affari possono essere ripianate con i soldi pubblici, cioè a spese dei cittadini. Con il senno di poi questo salvataggio statalista dell’interesse privato appare sempre più una sciagura. A meno che non fosse parte del big plan. La Finanza (non le Fiamme Gialle ma il potere finanziario globale) è il braccio armato ma dietro ad essa ci sono le multinazionali che devono fare profitti. Il neoliberismo ha stabilito che il profitto è un diritto inalienabile e che è un valore esponenziale, non vi è più alcun limite ad esso, tantomeno il limite etico. Non a caso parlano di crescita ma noi pensiamo che si tratti dell’aumento del nostro benessere, invece loro intendono la crescita del loro margine di profitto. E le due cose non possono coesistere. Se il mio diritto a fare profitti sempre più alti si scontra con gli interessi della collettività e i diritti dei lavoratori, sarà mio compito eliminare tali ostacoli, con qualunque mezzo.
Lo fanno le multinazionali per prime ma poi, in catena, vorranno farlo anche i grossi imprenditori nazionali e poi i piccoli e medi, fino alla botteguccia artigiana.
Ecco quindi che, ai massimi livelli, bisogna accaparrarsi i politici come gli informatori scientifici si accaparrano i medici per conto di BigPharma, anzi, ancor meglio, si bypassano i politici e si mandano i propri  amministratori delegati, i propri manager, scagnozzi e sottocoda a fare politica. La famosa “discesa in campo”.
Così si spiega perché la politica è sempre meno fatta di rappresentanti del popolo e sempre più di avventizi e portaborse, lobbisti e maggiordomi, comperati a suon di denaro a fiumi, privilegi e promesse di successo e potere periferico. Nominati, non eletti. Questi politici a busta paga di interessi superiori e spesso ai confini dell’illegalità devono rispondere ai loro padroni che, ripeto, non sono più i cittadini ma coloro che, per ampliare i profitti, devono rimuovere ogni ostacolo possibile.
Secondo voi è un caso che tra le pochissime voci fuggite dal sen di Tremonti circa la famosa manovra vi siano state la “libertà di licenziare” e l’accorpamento delle festività alla domenica – mica quelle religiose, però, solo le tre laiche e work-oriented del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno – per “produrre di più”?
Un alieno che fosse sbarcato con il suo ufetto ieri in Italia si sarebbe chiesto: “Ma questi terrestri pensano di risolvere la crisi mondiale facendo lavorare tre giorni in più all’anno i lavoratori? C’è qualcosa che non capisco?”
L’obiettivo è chiaramente un altro, caro alieno. E’ l’articolo 18, i diritti dei lavoratori, l’attacco a quegli articoli della Costituzione che segnano la differenza tra lavoro salariato e lavoro schiavistico e ne stabiliscono i reciproci confini.
Prima di spingermi ancora più in là e dichiarare, assumendomene la responsabilità, che la crisi non esiste ma è uno spauracchio agitato, come lo fu l’Osama Bin Laden di dieci anni fa, per ottenere la sottomissione delle ultime sacche di resistenza al nuovo ordine mondiale basato sul modo di produzione neoschiavistico globalizzato, facciamo un piccolissimo ragionamento, che ci riporta anche al caso Lehman-Brothers.
Se la colpa del default mondiale fosse del potere finanziario, identificabile in pochi banchieri, speculatori, insomma in fin dei conti in persone fisiche alla Gordon Gekko con un nome e cognome, a cominciare da quell’Alan Greenspan che nomina Chiesa, dobbiamo proprio credere che il governo degli Stati Uniti non riuscirebbe a sguinzagliare un po’ di reparti di Navy Seals ed assicurare questi farabutti alle imperiali galere, magari il Grand Hotel Guantanamo? Perchè ciò che stanno facendo questi bastardi figli di puttana non è meno grave di ciò che si attribuisce da più di dieci anni ad Al Qaeda. Invece, da Obama a tutto il potere politico europeo è un generale calare di braghe. L’impressione è che debbano ubbidire a dei padroni che non si possono contraddire. Si comportano come i picciotti che devono obbedire a mamma pena l’incaprettamento, sono impauriti come se i padroni avessero di tutti loro,politicanti servi dei servi, foto che li ritraggono mentre stuprano dei neonati.
Non sarà che lo scherzetto fatto a Strauss-Kahn fosse una vendetta nei confronti di qualcuno che aveva sgarrato?
La colpa del crollo delle Borse – perché non chiuderle come in occasione dell’11 settembre, ad esempio? – è degli speculatori, delle agenzie di rating che lavorano un po’ per il Re di Prussia – il dollaro – per tentare di fare il culo all’euro e assai di più per le banche d’affari, ma non si fa nulla per fermarli. E’ come se ci fosse una rapina in una banca, la polizia andasse ad arrestare gli avventori del bar di fronte e il giudice li obbligasse a rifondere di tasca propria i soldi rapinati alla banca. E’ come quando i black bloc devastano le strade e la polizia, invece di inseguirli ed arrestarli, bastona le vecchiette e le famigliole con i passeggini. Non ha senso ma ha un senso.
L’evocazione della parola magica crisi serve soprattutto per licenziare, per sfrondare i dipendenti e quindi per aumentare i profitti. E’ dimostrato che i licenziamenti effettuati dal 2008 ad oggi in certi settori erano assolutamente indipendenti dall’andamento dei fatturati delle aziende in oggetto. Ad esempio nel settore farmaceutico che, grazie a politiche di marketing assai spregiudicate, è uno dei pochissimi settori che registra il segno più nei bilanci delle sue aziende. Ebbene, nonostante il segno positivo e l’aumento delle entrate, queste aziende hanno compiuto delle vere stragi di dipendenti, soprattutto nel settore degli informatori, ritenuti non più utili nel settore primary care, ovvero quello dei medici di base, perché ora il pressing sui medici si fa in ospedale dove vengono venduti i farmaci più costosi e redditizi. La motivazione ufficiale per i tagli era “la crisi” ma la crisi non era vera per quel settore, era solo una scusa per licenziare e mobilitare tutta quella massa di informatori che prima erano stati spremuti come limoni e ora erano considerati solo zavorra di cui liberarsi.
Che la crisi sia un pretesto per fare la guerra di classe ai ceti meno abbienti lo dimostra anche il fatto che nelle varie misure proposte dai governi in allarme rosso per default in Europa non vi siano veri strumenti per la crescita, come investimenti sulla ricerca e lo sviluppo ma solo manovre vessatorie da sanguisughe sul Terzo Stato. Manovre che non toccano minimamente il privilegio sempre più osceno degli altri due Stati: Clero e Neoaristocrazia del denaro o Casta. Semplice, perché la crescita non è quella che pensate e per ottenere quella che pensano loro voi dovete rinunciare ai vostri diritti. Con le buone o con le cattive.
E’ comunque un gioco pericoloso. Le tasse, come prima della Rivoluzione Francese, saranno interamente a carico del terzo stato, ovvero del ceto medio-basso. Il clero è esente e la casta si autoesenta con leggi ad hoc. Questa situazione ha portato alle ghigliottine in piazza allora e la storia potrebbe ripetersi, chissà.
State in allerta, quindi. I telecomandati appartenenti alla Casta dei volonterosi esecutori materiali  vorranno imporvi i sacrifici più sanguinosi per continuare a gozzovigliare e banchettare sotto il tavolo dei loro padroni come cani.
E’ in questa occasione che potremo riconoscere i politici, se ce ne sono rimasti, in grado di ribellarsi a quest’assurdità.
Perché non si alzano in piedi e chiedono ai loro colleghi stranieri di allearsi per fermare la speculazione finanziaria con i mezzi della legge? Se è una guerra condotta dagli Stati Uniti con le armi della Borsa per affossare l’Euro, perché non denunciano queste manovre terroristiche? Se lo fanno tutti assieme sarà difficile farli fuori tutti.
Perchè non chieder loro di difendere i diritti del popolo, di quello vero, non quello dell’amore del nanerottolo da rottamare, rigettando le lettere minatorie dei banchieri ed impegnandosi per una crescita vera, e possibilmente una decrescita più ecosostenibile?
In Islanda ci stanno provando. Sarà questione di clima, chissà.

venerdì 5 agosto 2011

Matilde Serao
PERSONALISSIMO OMAGGIO
A MATILDE SERAO

5 agosto 2011: oggi cade il 49esimo anniversario della morte di Marilyn Monroe. Un simbolo della seduzione femminile. Ma si può sedurre anche con la testa, lo sapeva bene Donna Matilde.
Matilde Serao è un personaggio che ho sempre ammirato.
Fin da bambino me ne parlava con toni quasi da leggenda la mia
mamma.
E da ragazzino lessi alcuni suoi racconti, alcuni veri e terribili, ma altri gioiosi e consapevolmente irreali, come quello sull'invenzione della pastasciutta.
Strano a dirsi, scoprii che faccia avesse Donna Matilde molti anni dopo, da adolescente. Mia madre volle far realizzare un fotoritratto di mio fratello dalle Sorelle Toppo, discendenti di un'antica famiglia di fotografi, che avevano il loro atelier alla Riviera di Chiaia.
Mi recai anche io in quell'atelier, per visionare i provini (non erano tempi di scatti digitali e un fotoritratto era una cosa seria). Il posto era affascinante, una vera capsula del tempo: antichi apparecchi fotografici, il senso malinconico e gattopardesco di una grande tradizione ormai al tramonto (l'atelier chiuse di lì a poco), un anziano fratello medico (celibe, come nubili erano le Sorelle Toppo) che dispensò interessantissimi consigli su come realizzare una crema di bellezza naturale usando - lo ricordo ancora - "latte, limone e glicerina", tanti e tanti ritratti alle pareti.
E fra questi uno di Donna Matilde: grossa, con un occhio francamente strabico, l'occhialino in pugno e uno strangolino di velluto con un cammeo a cingerle il collo taurino.
Restai stupito: era quella la donna capace di aver fatto innamorare Scarfoglio? Era lei l'indiscussa dominatrice di tanti salotti mondani? Era lei l'autrice di quei gustosi "Mosconi" firmati Gibus, in cui dispensava consigli in materia di seduzione e raccontava di maliziosi flirt?
Poi ho capito. Col tempo.
Ho capito che le persone come Donna Matilde sono quelle che ti entrano dentro, quelle che ti seducono non con l'effimera esteriorità, ma con la ricchezza del loro mondo interiore, che ti prendono con la loro femminilità profonda e non banale, che ti affascinano con certi inattesi bagliori di freschezza e incoscienza adolescenziale, senza tempo e illogici a chi non sappia coglierli e apprezzarli.
Grande Donna Matilde che seppe essere tante e tante persone in una. Che seppe essere donna totale: seduttrice e imprenditrice, giornalista e scrittrice, mamma e cocotte.
Molte donne, oggi, dovrebbero prendere lezioni da lei, forse.

martedì 7 giugno 2011

Dello scrivere, un work in progress / aggiornamento

Sulla rete ho trovato questo:

Come scrivere bene (di Umberto Eco)

A questo punto, per una volta, lascio parlare altri, visto che di questi suggerimenti condivido quasi tutto (in particolare il punto 3) e che mi piace il modo con cui Eco si prende in giro (e prende in giro il lettore).


  1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
  2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
  3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
  4. Esprimiti siccome ti nutri.
  5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
  6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
  7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
  8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
  9. Non generalizzare mai.
  10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
  11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
  12. I paragoni sono come le frasi fatte.
  13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile diqualcosa che il lettore ha già capito).
  14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
  15. Sii sempre più o meno specifico.
  16. L'iperboleè la più straordinaria delle tecniche espressive.
  17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
  18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
  19. Metti, le virgole, al posto giusto.
  20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
  21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso.
  22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
  23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
  25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
  26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
  27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
  29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
  30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo,l’autore del 5 maggio.
  31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
  32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
  33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
  34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
  35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
  36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
  37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
  38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario.
  39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
  40. Una frase compiuta deve avere.

giovedì 2 giugno 2011

I piatti quadrati e la (dimenticata) lezione di Bruno Munari

Sempre più spesso nei cosiddetti ristoranti "di tendenza" capita di essere serviti in piatti quadrati o, addirittura, rettangolari (e qualche volta triangolari). 
E ti mettono davanti micro porzioni, decorate con grafismi che vorrebbero essere originali e che già stanno diventando banalità...
Ma questo è un altro discorso. Ora torniamo ai piatti quadrati o, addirittura, rettangolari.
Questo tipo di piatto ha, forse, un solo vantaggio: è più agevole da riporre. 
Bruno Munari
Per il resto il piatto ad angoli retti trasforma la tavola in una composizione zen che a me non comunica affatto il calore e il piacere del convivio. 
E ripenso a una cosa che scriveva Bruno Munari tanto tempo fa, in uno dei suoi amabili saggi sul design (non ricordo quale). Il piatto, diceva Munari (cito a memoria, ma il concetto è quello), è tondo e quindi non può essere "messo in disordine". Conunque lo metti sulla tavola sta sempre a posto. Invece un piatto squadrato, se non lo metti con il bordo parallelo alla tavola, comunica sempre un senso di disordine. Pensàteci. E ci pensino soprattutto i gestori di certi ristoranti "di tendenza".

lunedì 18 aprile 2011

Buona Pasqua da Giovanni Capozzi


E' iniziata la settimana santa. Ieri, a messa, ho assistito al consueto scannatoio per accaparrarsi quanti più rametti possibili di ulivo benedetto. Più tardi ho visto due automobilisti, reduci dalla sacra funzione (esibivano rametti sui cruscotti delle rispettive auto) darsele di santa ragione per una sciocchezza. Croce scriveva: "Perché non possiamo non dirci cristiani". Personalmente credo di sapere perché non possiamo dirci cristiani.
Quando ho raccontato questo episodio via social network un’amica ha commentato:
“Siamo un popolo pieno di contraddizioni e .....! Vorrei tanto poter fuggire da questo paese meraviglioso ma abitato da tanti incivili”.
La mia replica: “Non è soltanto un problema di un paese "abitato da tanti incivili". In realtà l'uomo è un animale predatore. Ancestralmente predatore. E spesso basta un nonnulla per azzerare millenni di civilizzazione per far nuovamente emergere il predatore silente in ciascuno di noi. Per questo motivo non ho fiducia nell'uomo. Perciò sono scettico quando si parla di bontà innata dell'uomo. Non ho fiducia nell'homo sapiens-sapiens, a cominciare da me stesso”.
E con queste rasserenanti considerazioni, Giovanni Capozzi vi augura Buona Pasqua.

martedì 25 gennaio 2011

Craxi: piaccia o meno fu un vero Statista


Ho rivisto ieri una puntata di "La Storia siamo Noi" dedicata a Bettino Craxi. Piaccia o no, il leader socialista è stato uno dei pochi veri statisti italiani del dopoguerra. 
Su di lui grava, innegabilmente, la colpa di aver dato le ali a Berlusconi, ma anche il grande merito di aver saputo tener testa agli statunitensi, nella vicenda di Sigonella. 
Ho sempre apprezzato il suo realismo. 
La politica, ne sono convinto anch'io, è materia da uomini, non da angeli. Dunque non può essere angelica: chi lo pensa è uno sciocco o un ipocrita. 
La politica tutt'al più è il regno del possibile. Piaccia o no.

mercoledì 12 gennaio 2011

Le teorie la gente e la prassi

Non sono del tutto contrario alle teorie. 
Ma sono del tutto contrario alla gente che ha bisogno di nascondersi dietro una teoria.